20 gen 2011

Samsung Galaxy S - Cronaca

3 commenti
Fatto sta, cari lettori, che incuriosito da sto Android, che tanto fa parlare di sè in rete, da tempo volevo provarne uno, e così quando ho visto un’offerta alla Fnac per un Samsung Galaxy S, mi son precipitato a fare un bonifico, che tanto poi c’è sempre eBay.
All’inizio in preda all’entusiasmo per il nuovo gingillino, preventivavo anche di vendere l’iPhone e tenermi il Galaxy S, se Android mi avesse convinto, in attesa dell’ iPhone 5.

Così dopo pochissimi giorni il Galaxy S è arrivato, la Fnac è veramente veloce nelle spedizioni.

Premetto che io uso Apple da anni e totalmente e quindi i confronti con l’iPhone durante l’uso si sono sprecati, e che non mi definisco uno smanettone, ma neanche uno che ne capisce poco.

Comunque, arriva sta scatola e la apro. Il packaging consta di una scatola nera e minimale e al suo interno il Galaxy S e il suo Android 2.1 Eclair, dormono sopra un cartoncino nero a mo’ di iPhone, sotto vi sono i libretti delle istruzioni e la garanzia dentro a una scatolina nera a mo’ di iPhone, e ancora sotto tutti i cavi dentro a dei sacchettini, questo un po’ meno a mò di iPhone. Estraggo il Galaxy S. Appena preso in mano il Galaxy mi è sembrato gigante, i suoi 4 pollici del display AMOLED si fan ben sentire a confronto dei 3,7 a cui ero abituato. Prima di accenderlo mi soffermo a guardarne l’estetica e debbo dire che è molto simile al mio vecchio iPhone 3G, solo più ingrassato. Sembra finissimo, ma è tutto un inganno ottico dettato dagli angoli smussati, infatti messo uno accanto all’altro sulla mia scrivania, l’iPhone4 è più sottile. Nell’inserire batteria e sim, noto che il coperchio posteriore sembra troppo leggero e plasticoso, controllo bene ma noto che non ci sono scricchiolii e gli accoppiamenti delle plastiche sono ben realizzati, c’è quindi una sensazione di solidità, bravi ingegneri della Samsung. Proseguendo, balza ai miei occhi in alto a destra lo sportellino per la microusb, per attaccarci il cavetto e il caricabatterie: non mi piace, so che lo dimenticherò sempre aperto. Non mi piacciono nemmeno i due tasti fisici a lato del tasto Home, abituato ad avere tutto touch, ma è solo una questione di abitudine.
Esteticamente nel complesso, la differenza con l’iPhone4 però si vede, e il perché dei 150€ di differenza tra uno e l’altro cominciano ad essere chiari.

Lo accendo e comincio, il test che prevedo di far durare almeno una settimana, per cui ripongo l’iPhone dentro la sua scatola: durerà poco, perché subito domenica mi serve il Tom Tom, ma questo è un altro discorso.

L’enorme display non delude anche se è meno luminoso dell’iPhone e al retina display si fa fatica a disabituarsi, ma è gigante e non pensavo che 0,3 pollici si sentissero così tanto. Inoltre i neri sono eccezionali, quelli dell’iPhone4 a confronto sembrano grigi scuri.

Tra le prime cose da fare c’è da impostare l’account di Google, altrimenti non funziona nulla, in questo modo il telefono, se si ha modo di essere connessi a internet, in 2 secondi si aggiorna e si sincronizza con tutto quello che avete di sincronizzabile su tale account, se lo avete ‘sto account, sennò è obbligatorio crearlo. Quindi rubrica, posta, calendario.. In particolare la rubrica che, oltre a quella di Google, si può associare anche a Facebook e a Twitter, è molto bella. Sarebbe bello che anche il prossimo iOS di Apple lo facesse, ma penso che lo farà visto che è la direzione che stanno prendendo tutti. Quella di una maggiore integrazione con i social network, intendo. Nel calendario appariranno così anche tutti i compleanni.

Mentre faccio tutto ciò però, si fa strada in me una riflessione: e se uno non ha la possibilità di andare in internet col telefono? E se uno non ha ancora un piano dati e non conosce nessuno con la wi fi, che fa? E se non ha un account con Google o semplicemente non vuole mettere la sua rubrica sul cloud (cioè nei server di Google)?E se Google esplodesse nella notte? Non mi piace molto questa soluzione, preferisco quella di iPhone accoppiato ad iTunes e tutto che viene salvato in loco, anche perché con Android non c’è possibilità di backup sul proprio computer con relativa possibilità di ripristinare il telefono in pochi secondi, cosa che torna comoda anche se si passa al modello successivo dello stesso telefono: con l’iPhone infatti in pochi secondi si ha nel nuovo telefono le stesse impostazioni, la stessa rubrica, gli stessi sms, con Android no, ed eventualmente il back up va fatto sulla SD del telefono mediante l’utilizzo di un app da scaricare dal market. Secondo me non è molto comodo, specialmente se a uno il telefono glielo rubano, o lo perde. Con l’SD dentro.

Android, nella sua versione 2.1 a prima vista si presenta simile all’interfaccia di iOS, solo che qui abbiamo una home dove mettere le applicazioni che si usano spesso o i vari widget, e un’altra home dove tenere tutte le app scaricate, visto che qui si scarica tutto sul telefono OTA (over the air), come detto prima. Il telefono è lo smartphone classico, con le sue millemila app da scaricare per ogni bisogno e per colmare ogni lacuna, i giochi graficamente bellissimi, il GPS, la bussola e tutte ‘ste cose.
Io scarico subito Facebook, Twitter e Foursquare, Angry Birds, Whatsapp, e devo purtroppo notare, e questo capiterà anche con altre app scaricate successivamente, che, a parte foursquare e il giochino di angry birds, sembrano tutte la brutta copia di quelle per iPhone: sia graficamente che, soprattutto per usabilità. Solo Twitter, ad esempio, ha il refresh mediante scroll. Gli aggiornamenti delle app, poi, arrivano sempre dopo. Facebook ad esempio ha appena avuto la chat, mentre su iPhone c’è sempre stata.
Inoltre un’altra piaga del telefono Galaxy S mi si sta per svelare: Android non gestisce per niente bene il multitasking e dopo un po’ comincia a diventare di una lentezza incredibile. Apprendo leggendo svariati forum e blog che è tutto normale e a intervalli regolari le app vanno “killate”, con apposite applicazioni da scaricare dal market. Io non so gli Androidiani, ma a me, abituato alle infinite apps che restano aperte su iPhone senza dare nessun rallentamento questa cosa fa girare un po’ le balle.

Rimango abbastanza interdetto, e quasi non ci credo che Android sia così “scarso”, mi viene quasi da imputarne la colpa a Samsung, visto che ogni casa produttrice lo personalizza per i suoi telefoni e quindi Android non è uguale per tutti a differenza di iOS e dell’iPhone che è uno solo.

Penso di aggiornare il telefono, magari qualcosa migliora, visto che denoto anche problemi al GPS, che ci impiega un’eternità ad agganciare i satelliti, e quindi Foursquare e soprattutto Waze, sono quasi inutilizzabili.

Sebbene sia uscito Android 2.3 “Gingerbread”, leggo che per il Galaxy S è da poco disponibile il 2.2 “Froyo”, e neanche per tutti, ma qui è colpa di Samsung e delle sue poltiche commerciali, sempre per il fatto che Google rilascia gli aggiornamenti e poi sta alle case produttrici dei telefoni decidere se e come dispensarli.

Tutti gli Android ricevono gli aggiornamenti via OTA, ma il Samsung no, bisogna quindi installare il software Kies di Samsung, che è una specie di iTunes, ma il Kies non c’è per Mac e allora devo installare Windows sulla macchina virtuale del Mac; ‘sto Kies a detta di tutti è un programmaccio e per farlo partire con tutti i suoi bravi driver devo installarlo due volte infatti, in più per far vedere il Galaxy S al Mac devo entrare nelle impostazioni del telefono e impostare “USB” in “debug”, come fossi uno sviluppatore, il tutto per poi vedere che per un motivo sul quale non ho più avuto le forze per indagare, il mio Galaxy S non era ancora aggiornabile. Una bella comodità insomma.

Dopo questa ultima, il telefono è tornato nella scatola, io mi son ripreso l’iPhone4 con grossa gioia e adesso il Galaxy S è lì bello su eBay, che aspetta di essere adottato.

Mi è dispiaciuto concludere questa esperienza così presto, di Android ho apprezzato molto la personalizzabilità, il fatto di poter installare una app per gli SMS come mi aggradava per esempio, cosa non possibilie su iPhone, non ho mai ben capito perché, e il fatto che ci fosse la radio FM che su iPhone non c’è e questa è un’altra cosa di iPhone che non mi è mai andata giù.

In conclusione, penso che Android sia, nonostante tutto, un ottimo sistema operativo, soprattutto per come lo si può personalizzare con tutte quelle Rom (cucinate le chiamano) che si trovano nel pazzo mondo di Internet, o che uno che ne sa si può creare. Però sconta il fatto di essere distribuito su molti telefoni diversi, e non so dire se le mie vicissitudini siano colpa di Android o Samsung, ma io nel complesso non mi sono trovato bene, sarà anche perché ormai ho un’età e preferisco le cose che funzionano subito, senza impicci e senza star là sere intere per capire “come fare per..”.
Inoltre col Mac non si voleva parlare e mi pareva di essere tornato a 5 anni fa quando neanche per il mio Nokia 6630 c’erano software per il Mac. La confusione che c’è per gli aggiornamenti, il modo amatoriale che c’è per farli inoltre, anche questo mi ha fatto tornare alla mente quando smanettavo sui miei primi smartphone, prima della rivoluzione iPhone.
Insomma Android è un bel sistema alternativo, diverso da iOS e filosoficamente bello per la sua natura aperta e modificabile, ma secondo me, valutandone l’utilizzo finale, il fatto di telefonare o ascoltarci la musica o navigare in internet o usare le app, il confronto lo vince iOs.

19 gen 2011

Tre Cose

2 commenti
Nella nebbia, i fanali retronebbia, vanno spenti quando c'è una vettura che ci segue da vicino.

Dovrebbero fare in modo che gli anziani, soprattutto se sono avvezzi al guidare portando un simpatico copricapo, fosse interdetta la guida prima delle ore 10 del mattino.
Il traffico nelle ore di punta ne trarrebbe sicurio giovamento.

Ciò che accomuna le donne nell'entourage di Silvio Berlusconi, sono le labbra a canotto. Avete notato?

E' tutto.

13 gen 2011

Una sul lavoro

0 commenti
Io vorrei proprio vedere. A me piacerebe proprio che si scatenasse una rivoluzione socioculturale nei modi di vivere della gente, nel loro consumare; che ci fosse una trasformazione nell’economia che neanche Marx, Engels o Smith, avrebbero saputo dire. E mi piacerebbe che per contrappasso, all’improvviso, per qualche ragione, a questi moderni imprenditori della delocalizzazione, a questi imprenditori del contratto a chiamata, capitasse tra capo e collo, tanto di quel lavoro che dovessero essere loro a far carte false per assumere la gente. Che fossero costretti ad alzare gli stipendi per far gola a nuovi operai, per attrarli a lavorare nelle loro aziende. Che dovessere contrattare al rialzo per assumere la gente: chi offre un contratto a tempo indeterminato, chi offre ferie pagate, chi offre addirittura stipendi dignitosi. Tutti a battagliare per l’operaio. E allora vorrei vedere gli operai o gli impiegati che si fanno sberleffi, di questi imprenditori del ribasso e che gli dicono “beh, voi non ci date le garanzie che vogliamo noi? Beh allora il lavoro fatevelo voi che noi andiamo tranquillamente a lavorare a Canicattì che là c’è un altro imprenditore che ci dà di più”.

E invece arriva questo, che siccome veste col maglione e la camicia sembra essere anche uno che arriva dal basso, e che in poco tempo sta smantellando gli ultimi 50 anni di conquiste sociali dei lavoratori, e che se qualcuno dice qualcosa dice pure che gli operai possono pure fare quello che vogliono, tanto se a lui non sta bene, se gli costa troppo, lui prende baracca e burattini e se ne va da un’altra parte e nessuno lavora più, che non son più tempi questi per accampare richieste. Un po’ come da piccoli al campetto, quando si litigava e arrivava sempre quello che aveva il potere, cioè il pallone, e diceva che se non si faceva come voleva lui, lui e il pallone se ne andavano via.

Sembra dimenticarsi di quando la sua azienda statalizzava così bene le perdite e privatizzava gli utili. Quando lo stato, cioè noi, cioè i suoi lavoratori, pagavano per far andare avanti la baracca che poi è diventata la sua, di baracca.

Che poi io li vorrò vedere, se mai sarà, questi imprenditori della delocalizzazione cosa faranno quando i paesi dell’est prima, la Cina poi, arriveranno al nostro grado di benessere sociale e i lavoratori esigeranno i loro diritti facendo salire il costo del lavoro. Chissà dove delocalizeranno poi.