13 gen 2011

Una sul lavoro

Io vorrei proprio vedere. A me piacerebe proprio che si scatenasse una rivoluzione socioculturale nei modi di vivere della gente, nel loro consumare; che ci fosse una trasformazione nell’economia che neanche Marx, Engels o Smith, avrebbero saputo dire. E mi piacerebbe che per contrappasso, all’improvviso, per qualche ragione, a questi moderni imprenditori della delocalizzazione, a questi imprenditori del contratto a chiamata, capitasse tra capo e collo, tanto di quel lavoro che dovessero essere loro a far carte false per assumere la gente. Che fossero costretti ad alzare gli stipendi per far gola a nuovi operai, per attrarli a lavorare nelle loro aziende. Che dovessere contrattare al rialzo per assumere la gente: chi offre un contratto a tempo indeterminato, chi offre ferie pagate, chi offre addirittura stipendi dignitosi. Tutti a battagliare per l’operaio. E allora vorrei vedere gli operai o gli impiegati che si fanno sberleffi, di questi imprenditori del ribasso e che gli dicono “beh, voi non ci date le garanzie che vogliamo noi? Beh allora il lavoro fatevelo voi che noi andiamo tranquillamente a lavorare a Canicattì che là c’è un altro imprenditore che ci dà di più”.

E invece arriva questo, che siccome veste col maglione e la camicia sembra essere anche uno che arriva dal basso, e che in poco tempo sta smantellando gli ultimi 50 anni di conquiste sociali dei lavoratori, e che se qualcuno dice qualcosa dice pure che gli operai possono pure fare quello che vogliono, tanto se a lui non sta bene, se gli costa troppo, lui prende baracca e burattini e se ne va da un’altra parte e nessuno lavora più, che non son più tempi questi per accampare richieste. Un po’ come da piccoli al campetto, quando si litigava e arrivava sempre quello che aveva il potere, cioè il pallone, e diceva che se non si faceva come voleva lui, lui e il pallone se ne andavano via.

Sembra dimenticarsi di quando la sua azienda statalizzava così bene le perdite e privatizzava gli utili. Quando lo stato, cioè noi, cioè i suoi lavoratori, pagavano per far andare avanti la baracca che poi è diventata la sua, di baracca.

Che poi io li vorrò vedere, se mai sarà, questi imprenditori della delocalizzazione cosa faranno quando i paesi dell’est prima, la Cina poi, arriveranno al nostro grado di benessere sociale e i lavoratori esigeranno i loro diritti facendo salire il costo del lavoro. Chissà dove delocalizeranno poi.

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